6 settembre 2011

RECE//"Gli Inquilini"


Giorni fa. 
Non so che leggere. Voglio qualità. Sbircio fra i cento e passa libri comprati e mai letti: niente, o quasi. Esco e vado in libreria (l'unica libreria vera della mia città. per intenderci, una con l'atmosfera giusta, tutta in legno e passione, con musica jazz in filodiffusione, in cui entri e non puoi fare a meno di uscirne con qualcosa in mano). Obiettivo: acquisto a caso. Infatti mi fisso su un volumetto della Minimum Fax. Titolo e scrittore sconosciuti: mi piace.


Pubblicato nel '71, "The Tenants" ("Gli inquilini" di Bernard Malamud) è la storia di due scrittori, Harry Lesser, bianco ed ebreo, e Willie Spearmint, nero e orgoglioso di esserlo.
Siamo a New York. Lesser sta scrivendo un romanzo (il suo terzo) il cui finale, secondo lui, è rinchiuso fra le mura di quell'appartamento dove ha cominciato a scrivere dieci anni prima: poco importa che nel frattempo la palazzina sia stata abbandonata e preparata per la demolizione, lui non molla finché il libro non è finito. A farne le spese è il malcapitato e fin troppo paziente padrone di casa Levenspiel (ebreo, fateci caso). Un giorno Lesser sente battere a macchina nell'appartamento accanto: è Willie, ragazzone con l'obiettivo di scrivere il romanzo nero definitivo, quello che porterà i fratelli alla rivoluzione ed ad uccidere tutti i bianchi.
Tra vicende personali e quotidiane, la storia dei due si intreccia oltre la vita, in un miscuglio di carta e l'inchiostro, e un primo sodalizio si trasforma, passo dopo passo, nell'odio più puro (complice una donna e il suo amore, ovviamente) fino a esplodere nella dimensione onirica e metaforica che Malamud, pian piano, costruisce ed esibisce come un giocatore di poker con la sua mano vincente. La benzina è purissima: l'Ossessione.


Lo stile è semplice, sintetico, mutevole (si passa da tempi presenti ai remoti; da terze a prime persone; da prosa a poesia a blues a descrizioni di racconti, tutto in un attimo)e impasta, giustapponendole, misteriose suggestioni immaginifiche con azioni minuscole, quotidiane, che racchiudono colpi di scena sparati in faccia al lettore come proiettili inaspettati. 
Il mistico e l'usuale, tutto insieme nell'unico luogo dov'è possibile: in letteratura. Tutto insieme e tutto contro, è meglio dire. Perché il conflitto è totale: fra forma e contenuto, fra bianco e nero, fra uomo e donna, fra vivo e morto, tra fare e non fare, tra essere e avere, tra capire e sentire, tra vivere e scrivere. 
Insomma: è il fallimento della comunicazione tra popoli in una foresta moderna e abbandonata. Letteralmente.
Lo spunto, pensateci, è quasi da commedia da Woody Allen per un'opera poi cupissima sull'Odio umano che è anche l'attestazione d'amore per lo Scrivere, che viene subito dopo (anzi, al pari con) il Vivere. Scrivere come sacrificio, ecco tutto.

Non parlerò del film del 2005 tratto da "The Tenants". Ahimé, non l'ho visto, ma il trailer è tremendo e il cast pure (Snoop Dogg nella parte di Willie è imperdonabile a prescindere). 
Non penso che lo vedrò.

Leggete Malamud. 
A maggior ragione se siete narratori o volete esserlo: capirete che il mondo è paese e spolvererete dei meccanismi che non sapevate di avere. 


Comprare libri a caso senza guardare fascette colorate o striscioni pubblicitari, certe volte (o forse tutte) paga.

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